L’imposizione fiscale efficiente sulla benzina in un mondo
di second best
Luciano
Messori
luciano.messori@ordingbo.it
Modena, gennaio 2002
An Efficient Gasoline Tax in a Second-Best World
The body of literature that originates with the
Bovenberg and the Mooij (1994) model has the purpose of determining the
relationship that exists between the optimal pollution tax and the Pigovian tax
in the presence of pre-existing distortionary taxes. The aim of this paper is to quantify the
efficient level of a gasoline tax in Italy.
To reach this goal, the version of the Bovenberg and the Mooij model
contained in Metcalf (2000) will be employed.
For the sake of clarity, the exposition has been divided into three
sections. Section one contains a literature review. Section two contains an estimation of the
external costs arising from the production and use of gasoline in Italy. Section three quantifies the efficient level of
a tax on gasoline in Italy using the prior findings and results contained in
sections 1 and 2.
Abstract
Il filone di
letteratura che ha avuto origine dall’ormai celebre modello di Bovenberg e de
Mooij (1994) ha l’obiettivo di determinare la relazione esistente tra il costo
marginale esterno di un bene e il livello efficiente di tassazione dello stesso
in un mondo nel quale la allocazione delle risorse è
distorta rispetto a quella efficiente dalla presenza di altre forme di
imposizione fiscale.
Il presente lavoro
si inserisce in questo filone proponendosi di fornire una stima quantitativa
del livello efficiente di imposizione fiscale sulla benzina in Italia
utilizzando la versione del modello di Bovenberg e de Mooij contenuta in
Metcalf (2000).
Introduzione
In Italia,
l’imposizione fiscale rappresenta una elevata
percentuale del prezzo alla pompa dei carburanti (circa il 64 per cento per la
benzina senza piombo, circa il 61 per cento per il gasolio e circa il 43 per
cento per il GPL) ed una importante fonte di entrate per le finanze pubbliche.
La esistenza
di un tale livello di imposizione fiscale fa sorgere spontaneamente la domanda
se siamo di fronte ad aliquote che in qualche modo si avvicinano a quella
efficiente, pur essendosi generalmente formate come semplice strumento per
generare entrate fiscali,
o se non siamo piuttosto di fronte ad un gruppo di prodotti tassati in modo
abnorme in quanto facile fonte di entrate per lo stato.
Scopo di questo lavoro è quello
di tentare di dare una prima risposta a questa domanda stimando il livello di imposizione fiscale efficiente sulla benzina in Italia.
Per raggiungere questo risultato
si è scelto di articolare l’esposizione in tre sezioni. La prima di queste
presenta lo stato dell’arte di quel filone di letteratura sulla tassazione
ambientale efficiente in un mondo nel quale siano
presenti altre forme di tassazione che generino una distorsione nella
allocazione delle risorse che ha preso avvio dall’ormai celebre modello di
Bovenberg e de Mooij (1994).
La seconda sezione contiene una
dettagliata stima dei costi esterni generati dalla produzione e dall’utilizzo
della benzina nel nostro paese.
La terza e ultima sezione conterrà infine la quantificazione del livello di
imposizione fiscale efficiente sulla benzina in Italia ottenuta inserendo il
valore dei parametri determinati nella seconda sezione nella formulazione di
Metcalf (2000) del modello di Bovenberg e de Mooij.
1. La tassazione ambientale efficiente in un mondo di
second best
La letteratura
sul livello efficiente di tassazione ambientale in un contesto
nel quale sono presenti altre forme di distorsione causate dall’imposizione
fiscale ha preso le mosse dal dibattito sul doppio dividendo emerso con grande
forza all’inizio degli anni ’90. Secondo
la formulazione di Pearce (1991), il doppio dividendo ha origine in uno
scenario nel quale inizialmente l’imposizione fiscale è elevata e causa forti
distorsioni nell’allocazione delle risorse.
In questo scenario il governo può ridurre le distorsioni generate
dall’imposizione fiscale senza essere costretto a ridurre allo stesso tempo la
spesa pubblica, introducendo una tassa su un input che causa danni all’ambiente
e la cui domanda è molto anelastica (ad esempio un combustibile
carbonioso). I proventi di questa tassa
possono quindi sostituire parte di quelli derivanti dalle imposte che causano
le maggiori distorsioni.
Il doppio dividendo consisterà
nel fatto che da una parte la nuova imposta andrà nel senso di migliorare la
qualità ambientale, internalizzando una esternalità,
mentre dall’altra genererà un importante gettito fiscale con bassi effetti
distorsivi, che permetterà di ridurre il peso delle imposte che generano le
maggiori distorsioni.
A partire
dalla metà degli anni ’90 il doppio dividendo è stato fatto segno di
numerosi attacchi da parte di autorevoli economisti. Bovenberg e de Mooij
(1994) sostengono che le tasse ambientali tipicamente esasperano, invece di
alleviare, le distorsioni di origine fiscale
preesistenti, anche se i loro proventi sono usati per ridurre quelle tasse che
causano le maggiori distorsioni. Con un
famoso modello, successivamente ripreso e sviluppato
da vari autori, essi dimostrano poi che, in presenza di un’imposizione fiscale
distorsiva preesistente, la tassazione ambientale efficiente tipicamente è
inferiore ad un’imposizione fiscale pigouviana che internalizzi completamente
il danno sociale derivante dall’inquinamento.
Inserendosi in questo dibattito
Parry (1998) afferma che un processo di spostamento della pressione fiscale dal
mercato del lavoro verso un’imposizione fiscale pigouviana su un bene il cui uso induca delle esternalità negative causa due effetti
distinti sul mercato del lavoro. In
primo luogo, il benessere collettivo aumenta per la riduzione della tassazione
del lavoro. Questa riduzione causa un
aumento dell’offerta di lavoro e una riduzione della perdita secca causata
dall’imposizione fiscale su di esso. Parry chiama questo effetto
“effetto del riciclaggio fiscale”.
D’altra parte, la imposizione pigouviana
contribuirà ad aumentare i costi di produzione delle imprese e questo aggravio
di costi sarà almeno in parte trasferito ai consumatori sotto forma di aumento
dei prezzi al consumo. Questo aumento
dei prezzi al consumo ridurrà i salari reali portando ad una riduzione
nell’offerta di lavoro e ad una conseguente perdita di benessere sociale. Parry chiama questo effetto
“interazione fiscale” e conclude che il dibattito sul doppio dividendo
precedente la pubblicazione del modello di Bovenberg e de Mooij (1994) ha
semplicemente ignorato l’effetto della interazione fiscale.
Circa l’entità dei due effetti
identificati da Parry (1998), Paul Krugman (2000) afferma che “tutto sommato è più probabile che le tasse sull’inquinamento riducano il PIL, invece di
aumentarlo”.
La versione del modello di
Bovenberg e de Mooij contenuta in Metcalf (2000) utilizzata in questa sede per
la stima del livello di imposizione fiscale efficiente
della benzina in Italia considera un’economia nella quale esistono N
lavoratori, ognuno dei quali ha a disposizione una unità di tempo che allocherà
per la parte L al lavoro e per la parte V allo svago. Il vincolo temporale di questi lavoratori
avrà quindi la forma L+V=1. In questa economia, il lavoro è usato per produrre solo tre
beni: un bene “pulito” C il cui consumo non ha effetti negativi sull’ambiente,
un bene “sporco” D il cui consumo causa un’esternalità negativa e servizi
pubblici G che saranno sporchi per la frazione c e puliti per la
restante parte (1-c).
La produzione è descritta da una tecnologia lineare:
hNL = NC + ND + G (1)
dove h
rappresenta la produttività. L’utilità sarà funzione dei beni prodotti, dei
servizi pubblici, dello svago V e della qualità dell’ambiente E:
U=
u(C, D, V, G, E) (2)
dove
E=e (ND, cG) con eI < 0.
Il vincolo di bilancio dei
consumatori sarà:
hL=(1+tc)C+(1+td)D (3)
dove tc
rappresenta l’aliquota fiscale cui è soggetto il bene C e td quella
cui è soggetto il bene D.
Il costo marginale sociale
dell’inquinamento in termini monetari t sarà dato dal
rapporto tra il danno marginale e l’utilità marginale del reddito l:
t
=∂U/∂E · eI · N/l (4)
risolvendo,
analogamente a Fullerton (1997), per il problema di second best del governo, che è quello di massimizzare l'utilità
selezionando gli appropriati valori di td e tc, considerando
il caso in cui dG=0, differenziando la funzione di utilità, usando il fatto che
dV=-dL e ponendo dU=0 si otterrà:
0=-(∂u/∂V)
dL + (∂u/∂C) dC + (∂u/∂D) dD +
(∂u/∂E) eI NdD (5)
da cui,
utilizzando le condizioni del primo ordine per i consumatori, la definizione di
t
e l’equazione (1) in forma differenziale si avrà:
td- t=-tc
dC/dD (6)
La soluzione in forma chiusa di
(6), ottenuta da Metcalf (2000) con considerazioni di equilibrio
generale, è:
td = tc+ (1-e
tc) t (7)
dove e
rappresenta l’elasticità non compensata dell’offerta di lavoro rispetto al
salario.
La prossima sezione sarà
dedicata alla stima del costo marginale sociale dell’inquinamento causato dalla
benzina in Italia, in maniera tale da rendere possibile la determinazione del valore
efficiente di td.
2. I costi esterni del traffico
Come è noto, in assenza della necessità di aumentare le
entrate fiscali, se il governo può usare tasse dello stesso ammontare per tutti
(lump-sum tax), Pigou mostra che l’imposizione fiscale efficiente
sull’inquinamento è uguale al danno ambientale marginale (imposta pigouviana).
In questo modo i consumatori pagano il costo marginale sociale di ogni unità consumata, pari al costo diretto delle risorse
più il costo dell’inquinamento. Lo stesso Pigou era cosciente della
straordinaria difficoltà pratica che si incontra nel
quantificare la stragrande maggioranza dei danni ambientali, e quindi della
scarsa o nulla applicabilità pratica di una imposizione fiscale del tipo
descritto.
Questa parte del lavoro affronta
la difficoltà pratica di cui si lamenta Pigou, in quanto si propone di stimare
l’ammontare dei costi esterni generati dalla produzione e dall’utilizzo della
benzina in Italia, e quindi l’entità della relativa imposta pigouviana. Anche in questo caso, come in tutti gli altri
lavori di questo tipo a nostra conoscenza pubblicati, verranno
presi in considerazione solo un numero limitato di effetti della produzione e
dell’utilizzo di benzina, quindi i risultati ottenuti dovranno essere
considerati come limiti inferiori di questi costi esterni.
Il tema dei costi esterni è
stato uno dei punti centrali del dibattito sulla politica dei
trasporti in sede comunitaria già da prima della pubblicazione, da parte della
Commissione, del Libro Verde dal titolo: "Towards fair and efficient pricing in transport – policy options for
internalizing the external costs of transport in the European Union”,
avvenuta nel 1995 allo scopo di incoraggiare il dibattito su come la leva del
prezzo poteva contribuire a risolvere i principali problemi del trasporto
nell’Unione Europea. Il Libro Verde pone
l’accento sul fatto che la stessa Commissione deve adoperarsi nel misurare i
costi esterni del trasporto, definire metodi per esprimere questi costi in
termini monetari e proporre modi per allocarli equamente. Questo incoraggerebbe utenti e aziende a
modificare i propri comportamenti attenuando così gli effetti negativi dei
trasporti e aumentando in questo modo la competitività dell’economia europea
nel suo complesso.
Il successivo Libro Bianco: ”Fair payment for infrastructure use: a
phased approach to a commun transport infrastructure charging framework in the
European Union“ pubblicato dalla Commissione nel 1997 contiene tra l’altro
il principio che gli utenti di tutte le reti di trasporto debbano
pagare il costo sociale marginale da loro generato. Il rapporto finale dell’High
Level Group on Transport Infrastructure Charging (1999), pur raccomandando il
rispetto in linea generale il principio di fare pagare agli utenti delle reti
di trasporto il costo sociale marginale da loro generato, riconosce che quando
questo è inferiore al costo sociale medio può tuttavia essere necessario fare
pagare agli utenti una cifra maggiore.
La centralità
dell’internalizzazione dei costi esterni nella politica europea dei trasporti
come strumento per aumentare l’efficienza del sistema dei trasporti e quindi la
competitività dell’economia europea è ribadita dal
recente Libro Bianco "European
transport policy for 2010: time to decide" pubblicato nel 2001,
secondo il quale i proventi da questa derivati dovranno essere reinvestiti nel
miglioramento dell’infrastrutturazione dell’Unione Europea.
I costi esterni
generati dal traffico stradale sono molteplici. Essi comprendono, infatti, i
costi legati alla produzione di carburante, quelli generati dalle emissioni
gassose dei veicoli, quelli legati al rumore, quelli relativi
alla congestione e quelli generati dagli incidenti stradali.
I costi esterni
generati dalla produzione di carburante comprendono gli effetti sull’ambiente
dell’estrazione del greggio, del suo trasporto alle raffinerie, della
costruzione delle raffinerie stesse, della
raffinazione, della distribuzione del carburante e dell’operare delle stazioni
di servizio.
Gli effetti
delle emissioni gassose degli autoveicoli, e quindi i relativi costi esterni,
possono essere suddivisi in due categorie, definibili rispettivamente come
effetti "globali" ed effetti
"locali". Gli effetti "globali" delle emissioni sono quelli riferibili
all'acuirsi dei fenomeni di riscaldamento della terra attualmente in atto (il
cosi detto "effetto serra").
Dato il carattere globale di questo fenomeno,
ai fini della valutazione degli effetti su di esso delle emissioni gassose
delle autovetture la posizione dell’autovettura-sorgente delle stesse non ha
alcuna importanza. Questa valutazione
può quindi essere compiuta richiamando le stime dell'ammontare del danno
causato dalla immissione nell'atmosfera di una
quantità unitaria delle sostanze che giocano un ruolo in questo fenomeno
rinvenibili in letteratura.
Gli effetti
"locali" delle emissioni sono invece quelli avvertiti nell'area
intorno al punto di origine delle emissioni
stesse. Si tratta in particolare della
mortalità, delle malattie non letali indotte dall’inquinamento atmosferico,
della sporcizia e della riduzione nella visibilità causate
dalle emissioni gassose degli autoveicoli nell’area in cui sono prodotte. La stima dei costi esterni generati da questi
effetti si presenta più difficile rispetto a quella dei costi esterni generati
dagli effetti "globali" delle emissioni, in
quanto a differenza di questi ultimi essi dipendono da una lunga serie di
parametri riferiti all'area nella quale sono prodotte le emissioni (densità di
popolazione, condizioni climatiche ecc.); sono cioè sito-specifici. Una misurazione accurata di questi costi
esterni richiederebbe quindi che venissero presi in
considerazione la totalità dei percorsi effettivamente esistenti nel nostro
paese ed i flussi di traffico che utilizzano ognuno di questi percorsi,
operazione chiaramente impossibile.
A fronte di questa impossibilità, una stima dei costi esterni generati
dagli effetti "locali" delle emissioni gassose degli autoveicoli deve
necessariamente basarsi sulla generalizzazione dei dati, relativi ad alcuni
percorsi, attualmente disponibili. Per
un’operazione di questo tipo è utile fare riferimento
al progetto ExternE-Transport, che
comprende tra l'altro una serie di casi studio, realizzati su percorsi che
coprono in modo piuttosto esaustivo lo spettro dei principali ambiti nei quali
avviene la mobilità urbana (aree metropolitane, città di medie e piccole
dimensioni, ambiti extraurbani), contenenti delle stime dei costi esterni
generati da una vasta gamma di mezzi di trasporto su questi percorsi, ottenute utilizzando la metodologia dei sentieri di
impatto.
La metodologia dei sentieri di impatto
si basa sull’utilizzo di funzioni dose-risposta, che mettono in relazione le
quantità di inquinanti assorbite dai ricettori con gli effetti provocati, e si
sviluppa in varie fasi. In sintesi,
partendo dalla quantificazione delle emissioni gassose degli autoveicoli, la
prima fase consiste nella valutazione della dispersione di queste emissioni sul
territorio. I risultati di questa
valutazione, unitamente ad una lunga serie di fattori diversi (ad esempio le
condizioni climatiche dell’area attraverso la quale si sviluppa il percorso, il
numero di persone che vi abitano, e così via) rappresentano poi gli argomenti
delle funzioni di dose-risposta che consentono di arrivare
ad una valutazione degli effetti locali delle emissioni in termini fisici. A queste stime degli effetti in termini
fisici vengono infine attribuiti valori economici in
termini di disponibilità a pagare dei consumatori per evitare
determinati impatti.
Per quanto
riguarda gli effetti delle emissioni sulla salute umana, le funzioni
dose-risposta considerate da ExternE-Transport
hanno riguardato: mortalità acuta, ricoveri ospedalieri per problemi respiratori,
cerebrovascolari e cardiovascolari, visite al pronto soccorso, giorni di
attività ridotta a causa dell'inquinamento atmosferico, effetti acuti sugli
asmatici, sintomi respiratori nella popolazione in genere, mortalità e malattie
croniche.
Per quanto riguarda gli effetti delle emissioni
sull'ambiente, è stato considerato il degrado dei materiali dovuto al deposito di anidride solforosa ed alle piogge acide su zinco,
acciaio, arenaria, rocce calcaree, cemento, pietra e pittura. Per valutare l'effetto dovuto alla sporcizia
degli edifici generata dal particolato è stato adottato un approccio che
correla i costi di pulizia degli edifici con l'incremento della
concentrazione di particolato. Per
quanto riguarda gli effetti delle emissioni sui raccolti, sono stati presi in
considerazione quelli causati dalla anidride solforosa
sui raccolti di patate, grano, barbabietole da zucchero, orzo, luppolo e
segale.
I risultati ottenuti evidenziano come gli
effetti delle emissioni gassose degli autoveicoli sull'ambiente sono
molto minori rispetto a quelli sulla salute umana. In particolare è risultata
significativa la mortalità dovuta al particolato primario (PM2,5) e
a quello secondario (nitrati, solfati).
Abbastanza sorprendentemente i cancerogeni sono risultati essere di importanza molto minore rispetto ai particolati. L’omissione principale di queste analisi è
quella che esse non prendono in considerazione gli effetti acuti dovuti ai
picchi di concentrazione del monossido di carbonio CO. E’ comunque necessario tenere presente
che la valutazione degli effetti delle emissioni gassose sull'ambiente condotta
è largamente incompleta, in modo particolare per quello che riguarda gli
effetti sugli ecosistemi.
A
proposito della sito-specificità delle stime dei costi
esterni generati dagli effetti locali delle emissioni gassose, è necessario
distinguere tra autovetture a benzina ed autovetture a gasolio. Come rilevato dallo stesso rapporto finale di ExternE-Transport, il costo esterno generato dai veicoli
alimentati a gasolio è dovuto principalmente alla emissione del materiale
particolato più fine PM2,5 (minore di 2,5 micron). Detto materiale tende a rimanere vicino al
luogo dove è stato prodotto, e quindi a fare sentire i suoi effetti dannosi su
un'area limitata. Di conseguenza, il
parametro chiave per la quantificazione dei costi esterni generati dalle
emissioni dei veicoli a gasolio sarà la densità della popolazione residente
nell'area attraversata dal loro percorso.
Per questa ragione, le stime di questi costi esterni sono altamente sito-specifiche e quindi sicuramente non
esportabili in contesti diversi a quelli nei quali sono state ottenute.
La
sito-specificità delle stime dei costi esterni generati dalle emissioni
dei veicoli alimentati a benzina (addizionata o meno col piombo) è invece
minore, in quanto questo tipo di veicoli emette una quantità molto minore di
materiale particolato rispetto ai veicoli diesel, mentre il contributo maggiore
alla formazione dei costi esterni da essi generati è dato dalle altre sostanze
emesse, sostanze per le quali gli effetti regionali prevalgono su quelli
locali. Questa minore
sito-specificità dei costi esterni generati dagli effetti locali delle
emissioni delle autovetture alimentate a benzina rispetto a quelli delle autovetture
diesel rende un’estrapolazione dei primi a contesti diversi da quelli nei quali
sono stati ottenuti non improponibile, come sarebbe invece un’analoga
operazione tentata sui secondi. Per
questa ragione le stime dei costi esterni generati dagli effetti locali delle
emissioni dei veicoli alimentati a benzina (con e senza piombo) contenute in
questo studio sono basate su un’estensione delle stime contenute nel progetto
ExternE, realizzata secondo i criteri di cui si dirà in seguito, mentre si è
scelto di limitare a poche considerazioni l’esame del caso dei veicoli
alimentati a gasolio.
I dati
disponibili riguardanti i costi esterni generati dal
rumore sono pochi e incerti. Si è quindi
deciso di non prenderli in considerazione in questa sede.
Sull’inclusione
dei costi generati dalla congestione tra i costi
esterni del traffico stradale non c’è un consenso generalizzato tra gli
economisti. Un’importante corrente di
pensiero, capeggiata da Rothengatter, sostiene, infatti, che la congestione sia
un’esternalità “di club”, in quanto danneggia solo i soggetti che
contribuiscono a generarla, e che quindi gli automobilisti ne pagano già il
costo in termini di tempo perso e maggiori costi di
viaggio. La decisione, presa in questa sede, di
considerare i costi della congestione tra i costi esterni generati dal traffico
stradale è dovuta al fatto che essa, oltre a diminuire il benessere degli
automobilisti come gruppo, comunque genera una serie di esternalità verso altri
utenti della strada (mezzi pubblici, pedoni), e inoltre aggrava il problema
dell’inquinamento atmosferico facendo scattare delle soglie di danno
particolarmente elevate. Inoltre, si
tratta di una decisione coerente con l’approccio seguito in materia dalla Commissione
Europea fin dalla pubblicazione del Libro Verde del 1995.
È però
necessario osservare che i costi della congestione non sono generati
indistintamente da tutti gli autoveicoli circolanti, ma soltanto da quelli che
utilizzano determinati percorsi in determinati momenti. Per internalizzare questi costi
un’imposizione fiscale indiscriminata sui carburanti non è quindi lo strumento
adatto, in quanto questa colpisce indistintamente tutti gli automobilisti,
indipendentemente dal fatto che con i loro comportamenti contribuiscano o no
alla congestione stradale.
L’obiettivo di internalizzare questi costi esterni potrebbe essere
raggiunto introducendo lungo i percorsi soggetti a periodi di congestione
sistemi di road pricing in grado di
disincentivare il loro utilizzo durante questi periodi. Ciò è tecnicamente possibile. Un sistema di road pricing è stato sperimentato con successo a Singapore, che ha in
questo modo avviato a soluzione i problemi di traffico dai quali era afflitta.
Ovviamente un’impostazione di questo tipo porterebbe con se sia la necessità di affrontare i costi di impianto del
sistema di road pricing che
potrebbero rivelarsi ancora notevoli (anche se in via di ridimensionamento a
causa del rapido progresso di questo tipo di tecnologie), sia una serie di
problemi pratici di difficile soluzione. Per ovviare a queste difficoltà, il rapporto
finale dell’High Level Group on Transport Infrastructure Charging (1999)
raccomanda come soluzione di second best
una soluzione basata su un uso estensivo del park pricing,
con tariffe differenziate per luogo e ora del giorno, e l’uso di sistemi
di pedaggio per l’accesso ai centri cittadini. Un esempio di questi ultimi,
costituito semplicemente da diciannove stazioni per il pagamento del pedaggio
per i veicoli che entrano in città, funziona poi dal 1989 a
Oslo. L’adozione di questo semplice
sistema è stata resa praticamente fattibile dal fatto
che Oslo è una città circondata dai fiordi, e quindi diciannove stazioni sono
sufficienti per filtrare l’accesso in città.
La stragrande maggioranza degli
incidenti stradali è causata da comportamenti imprudenti da parte dei
guidatori. Per questa ragione,
l’imposizione fiscale sulla benzina non è lo strumento adatto per
internalizzare i costi esterni da essi generati, in
quanto essa colpisce indiscriminatamente tutti i conducenti e non solo quelli
che tengono comportamenti pericolosi. Risulta invece essere adatto allo scopo il meccanismo bonus-malus delle assicurazioni.
2.1 Effetti globali delle emissioni
gassose
Come detto, le
emissioni di gas di scarico delle autovetture influiscono, a livello globale sui mutamenti climatici del pianeta, nel senso che
favoriscono il riscaldamento globale ("effetto serra") sia
direttamente sia indirettamente, come nel caso degli ossidi di azoto e dei
composti organici volatili che concorrono alla creazione di ozono troposferico
per mezzo di reazioni chimiche che avvengono nell’atmosfera dopo la loro
emissione. L'acuirsi di questi fenomeni
provoca danni sia alla salute umana sia alle coltivazioni. Esistono in letteratura stime riguardanti
l'ammontare del danno causato dalla immissione nella
atmosfera di sostanze che hanno un ruolo in questo senso.
La tabella 1
riporta alcune di queste stime, espresse in lire del 1998. Le colonne che portano l'indicazione
Intergovernamental Panel on Climat Control IPCC min e IPCC max contengono
rispettivamente i limiti minimo e massimo degli intervalli di variazione
riportati nel rapporto finale della ricerca Trasporti e ambiente nell'Unione Europea, basati a loro volta sulle stime delle stesse
grandezze effettuate dall'IPCC.
L'intervallo di variazione proposto dall'IPCC non rappresenta un vero
intervallo di confidenza, ma deriva da un esame
ragionato dei risultati di vari studi, ed è quindi da considerarsi puramente
indicativo, come del resto sono da considerarsi tutti i valori proposti in
questa sede. Le successive colonne
riportano i risultati delle simulazioni eseguite nell'ambito del progetto
ExternE secondo i modelli FUND e Open Framework e riportate nel secondo
rapporto dell’associazione degli Amici della Terra su I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia. E' possibile notare
un certo livello di corrispondenza tra i diversi valori di danno contenuti
nella tabella 1. Prima di considerare
questa corrispondenza come un segnale della attendibilità
dei risultati ottenuti occorre tuttavia una certa cautela, in quanto almeno in
qualche caso è la similitudine delle ipotesi fatte che conduce a risultati
analoghi, e dette ipotesi non sono necessariamente corrette. Corre poi l'obbligo di ricordare che queste
stime non comprendono gli effetti di eventi di ordine
superiore o catastrofici.
(Lire/tonnellata emessa)
Metodo
di stima
|
IPCC
min
|
IPCC
max
|
FUND
|
Open Framework
|
Riscaldamento
globale
|
|
|
|
|
CO2
|
37.083
|
94.769
|
144.202
|
136.412
|
N2O
|
|
|
52.337.416
|
81.919.478
|
Ozono
|
|
|
|
|
NOx
|
3.077.926
|
|
|
|
COV
|
276.066
|
|
|
|
Fonti:
Amici della Terra, (1999) Parlamento Europeo (1999)
In generale, tutte le stime riportate sopra
comprendono i danni causati dagli effetti globali alla salute umana, alle
coltivazioni, alla risorsa idrica, e quelli causati dall'aumentare del livello
dei mari. Non sono invece presi in
considerazione i danni ai monumenti storici, che nel nostro paese sono probabilmente di rilevanza non trascurabile.
L’incertezza associata a queste
stime dipende in primo luogo dalla incertezza
associata all'evoluzione degli stessi fenomeni in questione. Per quello che riguarda l'effetto serra, non
sono noti né la sensitività del clima alle variazioni della concentrazione dei
così detti gas di serra né le capacità di adattamento
dell'ecosistema al mutare delle condizioni climatiche. Oltretutto, risulta
praticamente impossibile prevedere il comportamento che l'uomo terrà per
adattarsi alle mutate condizioni ambientali.
Ad esempio, la creazione di opere di difesa dei
litorali potrebbe ridurre i danni causati dall'aumento di livello dei mari, ma
al momento attuale non è possibile prevedere con un minimo di attendibilità
l'entità e la scansione temporale degli investimenti che saranno destinati a
questo scopo.
Per quello che
riguarda le conseguenze del riscaldamento globale
sulle coltivazioni, le principali fonti di incertezza sono relative alla
velocità dell'innovazione tecnologica in agricoltura, ed alle interrelazioni
esistenti tra agricoltura, economie regionali, ecosistemi e salute umana.
Non esistono, a
nostra conoscenza, fonti attendibili alle quali fare riferimento per la
quantificazione dei possibili danni da monossido di carbonio (CO), che pure
appaiono sostanziali. Per questa ragione
essi non saranno presi in considerazione in questa sede.
Per poter
stimare il danno causato dal contributo all'acuirsi degli effetti globali dato dalle emissioni gassose degli autoveicoli è
necessario disporre, oltre che dei valori unitari di danno per i diversi tipi
di sostanza emessa, anche dei fattori di emissione unitari caratteristici dei
diversi tipi di autoveicoli. A questo
proposito si è fatto riferimento, per quanto possibile, ai fattori di emissione medi contenuti nel già citato studio Trasporti e Ambiente nell'Unione Europea.
I fattori di emissione unitari di cui sopra sono riportati nella
tabella 2. Si tratta di fattori medi
che, in quanto tali, tengono implicitamente in considerazione
tutti i parametri dai quali dipende la composizione dei gas di scarico
di un’autovettura (tra i quali è molto importante la regolazione del motore). I tipi di autovetture
considerati in questa tabella sono: un’autovettura priva di marmitta catalitica
costruita nel 1988, un’autovettura catalizzata rispondente allo standard Euro I
(nel seguito indicata come catalizzata 1996) e una rispondente allo standard
EURO II (nel seguito indicata come catalizzata 2000).
Tabella
2 - Fattori di emissione degli autoveicoli alimentati
a benzina (g/km)
Autovettura
|
PM2.5
|
NOx
|
CO
|
HC
|
SO2
|
CO2
|
COV*
|
Non
catalizzata (1988)
|
0,04
|
1,53
|
20,20
|
2,50
|
0,01
|
252,00
|
2,22
|
Catalizzata
(1996)
|
0,01
|
0,26
|
3,66
|
0,89
|
|
248,00
|
0,33
|
Catalizzata
(2000)
|
0,01
|
0,17
|
1,92
|
0,46
|
|
235,00
|
0,13
|
*
Fonte: stima dell’autore su dati ExternE
Per quanto riguarda
il consumo specifico di carburante, si è utilizzato il valore fornito dalla European
Automobile Manufacturers Association (ACEA), secondo la quale il consumo
medio della flotta europea delle autovetture nel 1995 era pari a 7,1 litri per
100 km, corrispondenti a 14,08 km/litro.
Moltiplicando
quindi i fattori di emissione riportati dalla tabella
2 per quest’ultimo valore si sono ottenute le emissioni medie degli autoveicoli
a benzina per litro di carburante utilizzato.
Queste emissioni sono riportate nella tabella 3.
Tabella
3 - Emissioni medie per litro di carburante utilizzato degli autoveicoli a
benzina (g)
Autovettura
|
PM2.5
|
NOx
|
CO
|
HC
|
SO2
|
CO2
|
COV
|
Non
catalizzata (1988)
|
0,56
|
21,54
|
284,42
|
35,20
|
0,14
|
3.548,16
|
31,23
|
Catalizzata
(1996)
|
0,18
|
3,66
|
51,53
|
12,53
|
0,00
|
3.491,84
|
4,72
|
Catalizzata
(2000)
|
0,10
|
2,39
|
27,03
|
6,48
|
0,00
|
3.308,80
|
1,76
|
Fonte:
Parlamento Europeo (1999)
A questo punto è
stato possibile quantificare il costo esterno medio generato da un’autovettura
per litro di carburante utilizzato relativo agli effetti globali,
moltiplicando le quantità delle sostanze di interesse contenute nella tabella 3
per i valori unitari di danno per ciascuna sostanza contenuti nella tabella
1. Per quello che riguarda l’anidride
carbonica CO2, i risultati di questa operazione
sono contenuti nella tabella seguente:
Tabella 4 - Ammontare del
costo esterno medio per litro di carburante generato
dalle emissioni di CO2 di un’autovettura (lire)
Metodo
di stima
|
IPCC
min
|
IPCC
max
|
FUND
|
Open Framework
|
Non
catalizzata (1988)
|
132
|
336
|
512
|
484
|
Catalizzata
(1996)
|
129
|
331
|
504
|
476
|
Catalizzata
(2000)
|
123
|
314
|
477
|
451
|
Un’analoga stima
riferita ai veicoli alimentati a gasolio porterebbe a risultati sostanzialmente
analoghi, in quanto l’emissione specifica di CO2 dei motori diesel è
mediamente di pochissimo superiore a quella dei motori a benzina.
La stima del
costo esterno medio relativo agli effetti globali
provocati dalle emissioni di protossido di azoto N2O si basa sui
fattori di emissione contenuti in Mattucci ed al. (1998), che sono pari a 0,005
g/km per autovetture non catalizzate e 0,05 g/km per autovetture catalizzate. Per quanto riguarda questo specifico
inquinante, le autovetture catalizzate presentano quindi un fattore di emissione 10 volte maggiore rispetto alle autovetture non
catalizzate.
Partendo da
questi fattori di emissione si ottiene un’emissione
media per litro di carburante utilizzato pari a 0,704 grammi per autovetture
catalizzate e 0,0704 grammi per autovetture non catalizzate. Moltiplicando questi valori per le stime di
costo unitario contenute nella tabella 1 si sono ottenuti valori di stima dell'ammontare
del costo esterno per litro di carburante utilizzato generato dalla immissione in atmosfera di N2O. Detti valori sono riportati nella successiva tabella 5.
Tabella 5 - Ammontare del
costo esterno medio per litro di carburante utilizzato
generato dalle emissioni di N2O
di un’autovettura (Lire)
Metodo
di stima
|
FUND
|
Open Framework
|
Non
catalizzata
|
4
|
6
|
Catalizzata
|
37
|
58
|
Passando alle sostanze che
contribuiscono alla formazione dell’ozono (i cosi detti precursori), l'ammontare
del costo esterno medio per litro di carburante utilizzato generato dalle
emissioni di ossidi di azoto NOX di
un’autovettura, ottenuto anche in questo caso moltiplicando le quantità
riportate nella tabella 3 per i corrispondenti valori dei costi esterni unitari
riportati nella tabella 1, è contenuto nella tabella 6.
Tabella 6 - Ammontare del
costo esterno medio per litro di carburante utilizzato
generato dalle emissioni di NOx di un’autovettura
Autovettura
|
Lire
|
Non
catalizzata (1988)
|
66
|
Catalizzata
(1996)
|
11
|
Catalizzata
(2000)
|
7
|
Le emissioni medie di NOX
delle autovetture diesel sono stimabili in 12 grammi per litro di carburante
consumato per quelle immatricolate fino al 1994, 8 grammi per quelle immatricolate tra il 1994 e il 1996 e 3.5 grammi per quelle
immatricolate a partire dal 1997. In base ai valori unitari riportati nella
tabella 1, i costi esterni generati da queste emissioni sono stimabili in 37
lire per le autovetture immatricolate prima del 1994, 25 lire per quelle
immatricolate tra il 1994 e il 1996 e 10 lire per quelle immatricolate a
partire dal 1997. Per i veicoli
commerciali pesanti (autocarri con peso complessivo maggiore di 3.5 ton,
autobus urbani e pullman) le emissioni di NOX sono stimabili in 36
grammi per litro di carburante consumato per quelli immatricolati fino al 1993,
24 per quelli immatricolati tra il 1193 e il 1996 e 18 per quelli immatricolati
dal 1997. Sempre in base ai
valori unitari riportati nella tabella 1, i costi esterni generati da queste
emissioni sono stimabili rispettivamente in 112, 75 e 56 lire al litro.
Un altro gruppo di sostanze
emesse dalle autovetture alimentate a benzina che contribuisce alla formazione
dell’ozono troposferico è costituito dai composti
organici volatili (COV). I valori
stimati dell'ammontare medio dei costi esterni causati a questo proposito dai
COV emessi da un’autovettura a benzina per litro di carburante utilizzato,
ottenuti utilizzando lo stesso procedimento già esposto per le altre sostanze
considerate, sono riportati nella tabella 7.
Tabella 7 - Ammontare del
costo esterno medio per litro di carburante utilizzato
generato dalle emissioni di COV di un’autovettura
Autovettura
|
Lire
|
Non
catalizzata (1988)
|
9
|
Catalizzata
(1996)
|
1
|
Catalizzata
(2000)
|
0
|
2.2 Effetti locali delle emissioni gassose
Come già detto in precedenza,
la stima dei costi esterni generati in Italia dagli effetti locali delle emissioni
gassose degli autoveicoli a benzina effettuata in questa sede si basa su una
generalizzazione all'intero territorio nazionale degli analoghi dati contenuti
nel rapporto finale di ExternE-Transport. Le stime puntuali dei costi esterni generati
dalle emissioni di gas degli autoveicoli relative all'intero
territorio nazionale, che sarebbero necessarie per una valutazione più
raffinata, non esistono e non è realisticamente pensabile di poterle ottenere
per ragioni di costo, quindi la generalizzazione adottata rappresenta anche
l'unica soluzione possibile.
Un’operazione dello stesso tipo è già stata fatta dall’associazione Amici della Terra, utilizzando una metodologia piuttosto raffinata che ha
comportato la ripartizione per ambiti di modalità delle emissioni dei vari
cicli di guida e i valori dei relativi costi esterni stimati da ExternE. Purtroppo non è risultato
possibile utilizzare in questa sede il lavoro già svolto dagli Amici della
Terra, in quanto i risultati da essi pubblicati non distinguono tra autovetture
catalizzate ed autovetture non catalizzate.
I dati di ExternE che sono stati
assunti come base per la generalizzazione effettuata sono quelli relativi al
caso studio tedesco. La ragione di
questa scelta è che tali dati presentano un dettaglio sufficiente rispetto agli
scopi che qui interessano sia relativamente ai tipi di
autovetture considerate (catalizzate e non catalizzate) sia rispetto ai
percorsi studiati (un percorso urbano e uno extraurbano).
La metodologia adottata allo scopo è stata semplicemente
quella di considerare la ripartizione delle percorrenze tra gli ambiti urbano
ed extraurbano nel nostro paese e costruire il
valore di stima del costo esterno specifico medio per l'Italia come media
pesata dei valori di costo per i percorsi urbano ed extraurbano
tedeschi.
Procedendo in questo modo si è indirettamente formulata
l'ipotesi che la proporzione tra percorrenza media nei due
ambiti urbano ed extraurbano sia uguale sia per le autovetture
alimentate con benzina super sia per le autovetture alimentate con benzina
senza piombo. Questo non è probabilmente
esatto, dal momento che nel 1998 circa il 12 per cento
delle vendite di benzina senza piombo è avvenuto su distributori situati lungo
la rete autostradale, mentre lo stesso dato per la benzina super è risultato
pari al 6,5 per cento. Questo dato
tenderebbe ad avvalorare l’ipotesi che per le autovetture alimentate a benzina super il rapporto tra percorrenza media in ambito urbano e
percorrenza media in ambito extraurbano sia più alto rispetto alle autovetture
alimentate con benzina senza piombo. Nel
corso delle simulazioni effettuate si è peraltro visto che i risultati
dell'analisi non variano in maniera significativa al
variare di questo rapporto entro limiti realistici, e si è quindi deciso di
considerare valida l'ipotesi fatta.
La tabella 8 riporta i risultati delle stime di costo
esterno marginale generato dagli effetti locali delle emissioni gassose dei
vari tipi di autovetture a benzina per veicolo km,
ottenute come descritto.
Tabella 8 - Costo esterno medio generato
localmente per veicolo km
Tipo
|
Lire
|
Non catalizzata (1988)
|
92,51
|
Catalizzata (1996)
|
22,64
|
Catalizzata (2000)
|
17,60
|
Fonte: ACI – Fondazione Caracciolo (2000)
Gli effetti locali delle emissioni gassose delle
autovetture diesel sono stimati, pur con tutti i limiti di cui si diceva, in
Amici della Terra (1999). Queste stime variano dalle 73 lire per passeggero per
chilometro in ambito extraurbano alle 894 lire per passeggero per chilometro
nelle grandi città.
2.3 I costi esterni della produzione di benzina
Ai costi esterni generati dalle emissioni
gassose degli autoveicoli bisogna poi aggiungere i costi esterni generati in
fase di produzione del carburante. Rispetto
agli impatti fin qui esaminati, vi sono assai meno studi concernenti i costi
esterni complessivi generati durante le fasi di estrazione
e trasporto del greggio e, successivamente, alla sua raffinazione e
distribuzione. Tali studi, inoltre, non
sono stati condotti secondo la metodologia ExternE: essi sono dunque
relativamente poco confrontabili con le altre stime presentate.
Secondo la rassegna contenuta in Bickel e altri (1997), il
costo esterno medio dovuto alla produzione di benzina è pari a 5,5 Euro/1000
(10,7 lire) per veicolo-chilometro.
Questo dato, moltiplicato per il consumo specifico medio fornito
dall’ACEA di 14,08 km/litro fornisce una stima del costo esterno generato
dalla produzione di un litro di benzina pari a 150 lire.
Di contro, almeno
a livello di raffinazione l’internalizzazione dei costi esterni generati è al
momento quasi assente. Infatti le raffinerie vanno soggette ad un’imposizione
fiscale sulle emissioni di anidride solforosa SO2 pari a 103.000
lire per tonnellata e ad un’imposizione fiscale sulle emissioni di ossidi di
azoto NOx pari a 203.000 lire per tonnellata. Secondo i dati diffusi dalla
Unione Petrolifera le emissioni delle raffinerie italiane nel
1999 sono state di 153 tonnellate di SO2 e 0,35 tonnellate di NOx
per ogni 1.000 tonnellate di lavorato, alle quali corrisponde quindi
un’imposizione sulle emissioni in atmosfera di pochi centesimi per litro di
benzina prodotto, quindi di ammontare trascurabile rispetto al valore di costo
esterno fornito da Bickel e altri (1997).
2.4 Dopo il bando della super
Dal 2002, la direttiva dell’Unione Europea 98/70/CE che prevede la messa
al bando della benzina super obbligherà tutte le auto
non catalizzate ancora circolanti ad alimentarsi con benzina senza piombo. Questo ripropone una
questione ambientale nata con la comparsa stessa della benzina senza piombo sul
mercato, che è quella relativa al suo uso da parte di autovetture non dotate di
marmitta catalitica. Nel 1988, il
settimanale "Quattroruote" denunciava per la prima volta che,
rispetto alla benzina additivata con piombo, la benzina
senza piombo conteneva una maggiore percentuale di benzene ed altri idrocarburi
aromatici, composti cancerogeni. Di
conseguenza, tenendo presente che esiste uno stretto rapporto tra la percentuale
di benzene contenuta nelle benzine e la quantità di benzene emesso dallo
scarico delle autovetture non catalizzate,
l'utilizzo di benzina senza piombo da parte di autovetture
non dotate di marmitta catalitica poteva essere più dannoso per l'ambiente rispetto
all'utilizzo di benzina super.
Da qualche anno
però la presenza di questa sostanza è praticamente
uguale in entrambi i combustibili.
Di conseguenza, oggi l’emissione
di benzene da parte di una vettura non catalizzata non dipende dal tipo di
benzina utilizzato. Per tutti gli altri
inquinanti, le autovetture non catalizzate che utilizzano benzina senza piombo
presentano lo stesso livello di emissioni gassose che
presenterebbero se utilizzassero la benzina super, a meno, chiaramente, delle
emissioni di piombo in questo caso assenti.
2.5 I costi esterni generati dalla produzione e
l’utilizzo della benzina: riepilogo
Riepilogando, la tabella 9 mostra le componenti
del costo esterno generato dalla produzione e dall’utilizzo di un litro di
benzina ed il loro totale, pari a 1.901 £/L per un autovettura non catalizzata
prodotta negli anni ’80, 870 £/L per un’autovettura catalizzata rispondente
allo standard di emissione comunitario Euro I e a 777 £/L per un’autovettura
catalizzata rispondente a quello Euro II.
Il dato riportato per il costo esterno dovuto alla emissione
di CO2 è quello relativo al limite superiore dell’intervallo stimato
dall’IPCC.
Tipo
|
produzione
|
effetti locali
|
CO2
|
NOx
|
COV
|
N2O
|
totale
|
Non catalizzata (1988)
|
150
|
1.303
|
336
|
66
|
9
|
37
|
1.901
|
Catalizzata (1996)
|
150
|
319
|
331
|
11
|
1
|
58
|
870
|
Catalizzata (2000)
|
150
|
248
|
314
|
7
|
0
|
58
|
777
|
Per avere un termine
di paragone, osserviamo che uno dei più completi studi esistenti
sull’argomento, condotto da una task
force dell’European Conference of Ministers of Transport nel 1998, fornisce
un valore dei costi esterni generati dall’utilizzo di un’autovettura a benzina
per il contributo dato all’inquinamento atmosferico e ai cambiamenti climatici
(la produzione di benzina non viene presa in
considerazione) di circa 45 lire per veicolo chilometro, che utilizzando il
valore sui consumi specifici delle autovetture di 14,08 chilometri per litro
fornisce un costo esterno per litro di benzina utilizzato di circa 627 lire,
valore quasi esattamente coincidente con quello ottenuto da questo studio per
autovetture Euro II al netto dei costi esterni della produzione di carburante. La coincidenza di questi valori non deve
essere interpretata necessariamente come una conferma della loro esattezza, in
quanto essi sono stati ottenuti prendendo in
considerazione gli impatti di inquinanti non del tutto identici.
In un altro
lavoro, i costi esterni medi generati dalle emissioni gassose conseguenti
all’utilizzo di un litro di benzina verde in Inghilterra sono stati stimati da
Ian Parry (senza peraltro fornire chiarimenti su come queste stime siano state
ottenute) in 250 lire al litro per gli effetti locali e
120 lire al litro per gli effetti globali.
Una ricerca
condotta da INFRAS/IWW nel 1994 ha stimato il costo esterno medio generato da
un’autovettura per litro di carburante utilizzato in 194 lire per i cambiamenti
climatici e altre 194 lire per l’inquinamento atmosferico.
I valori relativi agli effetti locali delle emissioni gassose e alla
congestione per la Francia sono stati stimati da Furlan , che con una metodologia molto vicina a
quella dei sentieri di impatto illustrata in precedenza ha quantificato il
costo esterno generato dagli effetti locali delle emissioni gassose degli
autoveicoli per litro di carburante utilizzato in 634 lire per le aree urbane e
41 lire per le aree extraurbane.
Small e Kazimi
(1995) hanno valutato i costi esterni generati dagli effetti locali delle
emissioni gassose degli autoveicoli nell’area di Los
Angeles in 375 lire al litro, valore comprensibilmente maggiore di quello
ottenuto in questa sede in quanto l’area di Los Angeles è notoriamente molto
inquinata.
I pochi elementi
raccolti sulle autovetture diesel consentono infine di affermare con una certa
sicurezza che i costi esterni da queste generati (circa 340 lire al litro per
le emissioni di CO2, circa 20 per quelle di NOX e circa
590, nell’ipotesi conservativa di sola circolazione extraurbana, per gli
effetti locali, per un totale di circa 950 lire al litro) sono superiori
all’accisa sul gasolio (739 lire al litro), confermando quindi quanto contenuto
a questo proposito nel Libro Bianco sui Trasporti pubblicato dalla Commissione
Europea nel 2001. Il progressivo
miglioramento degli standard di emissione dei motori
di questo tipo lascia prevedere il rapido decremento di questi costi esterni
per le nuove autovetture che saranno immatricolate nei prossimi anni, ma, visti
gli attuali ritmi di ricambio del parco circolante italiano, ancora per molti
anni saranno presumibilmente in circolazione sulle nostre strade veicoli diesel
ad alto impatto ambientale.
3. Quantificazione dell’imposizione fiscale efficiente
sulla benzina. Conclusioni.
Riprendendo la equazione (7), che ricordiamo è
td = tc+ (1-e
tc) t
si
tratta ora di andare a sostituirvi le stime dei vari parametri. Hausman (1985) stima il valore di e
per maschi adulti in 0,08. È possibile
assumere questo valore come una stima prudenziale di e,
in quanto presumibilmente per gli altri gruppi di lavoratori questo parametro
assumerà valori più alti. Utilizzare
questo valore per la stima di td significa quindi stimare il limite
superiore dell’imposizione fiscale efficiente sulla benzina.
Considerando per gli altri beni
una tc coincidente con l’IVA (pari, per la grande
maggioranza dei beni, al 20 per cento), e tenendo conto che t
per una autovettura catalizzata rispondente allo standard Euro II sarà pari al
rapporto tra il costo marginale sociale (777 lire al litro) e il costo di
produzione (748,34 lire al litro) cioè 1,038, avremo che
td = 0,20 + (1 – 0,08 x 0,20 ) x 1,038 = 1,221
da cui si ottiene una imposizione totale efficiente per
litro pari a 914 lire. È interessante
notare che la parte pigouviana di questa imposizione,
quella cioè eccedente l’imposizione fiscale del 20 per cento esistente sulla
maggior parte dei beni, in questo caso sarà pari a 637 lire al litro, minore
cioè del costo marginale sociale dell’inquinamento, stimato, come detto, in 777
lire per litro di benzina utilizzato.
Considerando invece un valore di e di 0,15,
probabilmente più aderente al valore medio della elasticità
non compensata dell’offerta di lavoro rispetto al salario, si otterrà invece un
valore di td di 1,206, corrispondente ad una imposizione totale
efficiente per litro di 903 lire con una parte pigouviana pari a 628 lire al
litro
In base alle stime presentate,
l’ammontare complessivo della attuale imposizione
fiscale sulla benzina, uguale per la benzina senza piombo a 1.007,49 lire al
litro di accisa e 351,17 lire di IVA, per complessive 1.358,66 lire, risulta
perciò essere superiore sia all’ammontare dei costi esterni internalizzabili
con questo strumento sia al suo ammontare efficiente.
Una struttura
impositiva più efficiente potrebbe essere costituita da una imposizione
fiscale sulla benzina di circa 900 lire al litro e da un sistema di road pricing lungo i percorsi soggetti a
periodi di congestione. Per capire se
una struttura impositiva di questo tipo presenterebbe problemi dal punto di
vista del gettito fiscale sono necessari una
valutazione dei costi della congestione e della elasticità della domanda di
accesso delle autovetture nei luoghi e nei momenti congestionati rispetto al
prezzo per livelli di prezzo molto più elevati rispetto a quelli attuali.
Secondo una stima dell’associazione Amici della Terra il costo esterno medio generato a causa della
congestione durante la vita di un’autovettura (14,7 anni) sarebbe pari a 7,5
milioni di lire. Questo dato, moltiplicato per una percorrenza
media di 11.471 km/anno e un consumo specifico medio di 14,08 km/litro,
fornisce un valore medio del costo esterno generato dalla congestione,
puramente indicativo, pari a 626 lire per litro di carburante utilizzato. Pur mancando completamente, a nostra
conoscenza, le stime della elasticità della domanda di
accesso motorizzato lungo i percorsi congestionati per livelli di prezzo molto
più elevati rispetto agli attuali (per i quali la elasticità della domanda
rispetto al prezzo è bassa. Infatti, i valori della elasticità
della domanda di benzina rispetto al prezzo riportato in Pindyck (1979) variano
da –0,11 dopo un anno dalla variazione di prezzo a –1,17 dopo 20 anni), i dati
degli Amici della Terra sopra riportati potrebbero indurre a ritenere che,
salvo sorprese dovute ad un forte aumento del valore di questa elasticità ad
alti livelli di prezzo, il gettito totale della nuova struttura impositiva non
dovrebbe discostarsi di molto da quello dell’attuale accisa
sulla benzina.
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